“Perle, young exorcist” di Riccardo Bononi, vincitore del “Premio Fotografia Etica”, sarà in esposizione fino al 28 Ottobre al Festival della Fotografia Etica di Lodi presso Palazzo Barni, in Corso Vittorio Emanuele II n. 17.
Il lavoro è stato premiato per aver gettato luce, attraverso il mezzo fotografico, su una storia di straordinario interesse antropologico umano, confidando inoltre che, il ruolo attivo del fotografo, all’interno della storia narrata, possa alimentare l’importante dibattito sul ruolo etico del fotogiornalismo nel produrre cambiamenti positivi attraverso la documentazione dei soprusi e delle ingiustizie perpetuate sui deboli.
Il progetto racconta della più improbabile delle amicizie, nata tra Perle e Fafah, coetanee con una storia di vita molto simile, almeno fino a due anni fa, quando le loro strade hanno preso direzioni completamente diverse: la prima è diventata una rispettata, la seconda è stata imprigionata e incatenata con l’accusa di essere posseduta dal demonio.
Perle è una ragazza di 24 anni che vive in una grande casa rosa sulla costa meridionale del Madagascar. Come tutte le sue coetanee ama la musica pop, i vestiti alla moda e gli smalti colorati. Perle è anche un’esorcista, avendo consacrato la propria esistenza alla lotta per scacciare il demonio dal corpo dei posseduti.
Perle vive nella città di Toliara, dove è stata fondata la più grande comunità di esorcisti luterani africani: un intero villaggio interamente abitato da esorcisti, spesso sia mariti che mogli, i loro figli e numerosi giovani apprendisti. Ognuno dei 300 esorcisti che vivono nel villaggio ha costruito una gabbia nel proprio cortile, dove un singolo “paziente” risiede permanentemente.
Questi sono i posseduti, i “maledetti”, i malati mentali, che trascorrono la propria esistenza con pesanti catene a polsi e caviglie. Come unico trattamento per la propria condizione, ricevono due sessioni di esorcismo al giorno. Tra di loro c’è anche Fafah, una ragazza di 23 anni che studiava nella stessa scuola frequentata da Perle. Nell’ultimo anno Fafah ha vissuto confinata in una gabbia di ferro, incatenata, senza mai vedere la luce del giorno.
Pur essendo ben consapevole dei limiti fissati dall’etica del fotogiornalismo, contraria ad ogni intervento da parte del fotografo, l’essere umano dietro alla macchina fotografica ha preso il sopravvento e, senza esitazioni, ho deciso di fare tutto il possibile per rispondere alla richiesta di aiuto da parte della ragazza. Dopo una settimana di dure negoziazioni con la comunità di esorcisti, Fafah è stata finalmente liberata, e oggi lavora come cameriera.