Sul National Geographic Magazine un articolo dedicato al progetto “Une belle vie, une belle mort” e alla personale di Riccardo Bononi esposta al Festival della Letteratura di Viaggio da venerdì 21 settembre 2018 al 15 ottobre 2018.
L’esposizione si terrà nel cuore di Roma, nella bellissima sede della Società Geografica Italiana a Palazzetto Mattei (Villa Celimontana).
Di seguito riportiamo il testo dell’articolo:
La mostra Une belle vie, une belle mort presenta immagini tratte dall’omonimo libro fotografico dell’antropologo visuale Riccardo Bononi, edito da IRFOSS.
L’idea e il filo conduttore alla base di Une belle vie, une belle mort partono dalla posizione dell’antropologo britannico Geoffrey Gorer, secondo cui nel corso del ‘900 la morte è diventata “pornografica” in Occidente, un contenuto osceno da cui proteggere i bambini.
La paura della morte è stata vista come una costante universale sia nel tempo che nello spazio: “l’uomo teme la morte”, e questo è sempre stato considerato un dato di fatto. Tuttavia, questo non è il caso del Madagascar, dove il culto degli antenati è la religione di stato e il concetto stesso di morte, così come lo conosciamo, di fatto non esiste.
I Malgasci considerano la morte come una semplice tappa dello sviluppo umano, simile al normale passaggio tra due differenti età della vita. Nella morte, mai considerata come “una fine”, le funzioni dell’essere umano sono ridotte, ma l’immobilità del cadavere rappresenta solo un’impossibilità fisica di muoversi, non l’assenza del bisogno di movimento e di compagnia, che invece continuano ad essere ben presenti: “anche un neonato non sa parlare, non può camminare o mangiare da solo, ma questo non significa che non sia vivo”.
Questa peculiare convinzione in Madagascar è molto più che simbolica: i morti vengono riesumati regolarmente dalle tombe, portati nelle case, con loro si mangia, parla, si balla, si ride, li si aggiorna su quello che è successo al villaggio dopo la propria dipartita, a loro vengono presentati i nipoti che non hanno potuto conoscerli in vita.
Raccogliendo alcuni dei reportage fotografici svolti negli ultimi anni, il libro si sviluppa in quattro capitoli, mostrando alcune conseguenze (positive o negative) della scomparsa del timore della morte nella società: dalla cosiddetta “generazione cimitero”, ovvero quei ragazzini che, rimasti orfani dopo il colpo di stato del 2009, vivono nel cimitero della capitale come una grande famiglia, all’epidemia di peste che affligge il Paese, rendendo il Madagascar il Paese al mondo più colpito dalla peste bubbonica e polmonare, con casi accertati ininterrotti e crescenti dal 1800 ad oggi.